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L'appropriatezza della Stampa 3D in medicina rende questa tecnologia realmente utile.


L'articolo di FOCUS.IT che contiene questa immagine titolava "La Biostampa 3D per produrre organi". Esempio di come l'informazione sensazionalistica può confondere sulla reale utilità della tecnologia semplificando al limite concetti scientifici di ben altra rilevanza.

Per chi si occupa di 3D in medicina una delle domande a cui è necessario dare risposte in merito all'utilizzo della stampa 3D in questo settore è la seguente:

Quanto questa tecnologia utilizzata nell'ambito biomedicale è semplicemente affascinante e quanto invece essa è realmente utile?

Il confine tra questi due modi di approcciare a questa tecnologia è un confine molto sottile e, spesso, confuso o non adeguatamente considerato.

Capita frequentemente di leggere articoli sensazionalistici in cui si riportano notizie volutamente esagerate sulla stampa 3D di interi organi in qualche ospedale o centro di ricerca in giro per il mondo. Chi è anche minimamente esperto di questo ambito sa bene che il "bioprinting" ossia la stampa 3D in materiale biologicamente attivo è una delle aree più promettenti della stampa 3D medicale ma, ad oggi, è piena di problematiche ancora irrisolte, una fra tutte la stampa della vascolarizzazione dei tessuti stampati oltre che varie problematiche relative alla vitalità cellulare quando le cellule sono sottoposte a calore, pressione e stress ambientale dovuto all'azione del macchinario di stampa 3D.

Queste notizie infatti contribuiscono a rendere più difficile la comprensione di quanto questa tecnologia sia davvero utile e quanto invece sia frutto di un lavoro "scenico" che poco ha a che fare con l'importanza scientifica del fatto.

Diverse volte, anche in contesti scientificamente istituzionali, mi è capitato di sentir dire "ho visto la stampa 3D nella serie TV Grey's Anatomy e la trovo davvero spettacolare". Anche questo è qualcosa che allontana questa disciplina dal realmente utile e dallo scientificamente rilevante.


L'obiettivo della stampa 3D in medicina è quello di favorire i processi di cura di patologie complesse attraverso modelli anatomici che "parlano" in maniera più specifica e intuitiva rispetto alle immagini radiologiche. Tale obiettivo è quindi molto importante dal punto di vista scientifico. Non a caso la letteratura è popolata di articoli scientifici, alcuni dei quali sono pubblicati su riviste altamente impattate, che riportano l'efficacia di questa tecnologia nel trattare alcune patologie complesse. C'è da dire però che molto spesso l'introduzione di innovazioni impattanti come la stampa 3D in un contesto per lo più conservativo come quello della medicina viene vista come un plus di cui alcuni medici pensano di poter fare tranquillamente a meno. Talvola più che una questione scientifica diventa una questione di attitudine, di convinzioni, di sicurezze personali che non si vogliono discutere. E' difficile, per un medico (specie se della scuola classica) ancorato ad alcune procedure, pensare di mettere in discussione le proprie convinzioni per "farsi aiutare" dalla tecnologia. Molto spesso l'intervento chirurgico è già nella mente di chi lo esegue e si può pensare di non avere alcun bisogno di strumenti che favoriscono il raggiungimento dell'obiettivo chirurgico. Se poi questi strumenti derivano da una evoluzione tecnologica che molti professionisti vedono complicata e difficile da approcciare allora si ha il rifiuto della tecnologia ma, soprattutto, l'etichettare quest'ultima come inefficiente, inutile, qualcosa di cui non si sentiva il bisogno.

La realtà è che la verità è sempre nel mezzo: è ingenuo pensare che la tecnologia di stampa 3D possa servire trasversalmente in qualsiasi contesto. E' altrettanto ingenuo (o incauto?) però pensare che questa tecnologia invece non serva assolutamente a nulla.

Il fascino che alcune innovazioni tecnologiche come la stampa 3D possiedono non dovrebbe in alcun modo condurre a sovrastimarne l'utilità. Piuttosto l'interesse tecnologico generale che pervade ingegneri, medici, scienziati che è in fondo tipico del "maker" o, se lo vogliamo definire più allegramente, dello "smanettone", dovrebbe condurre a studiare di più le tecniche e le innovazioni che portano ad una evoluzione di tale tecnologia piuttosto che a farsi trasportare dal fascino che essa inevitabilmente si trascina dietro.


Il rischio che si corre nel sovrastimare la stampa 3D in medicina considerandola trasversalmente applicabile è quello di ridurre l'interesse in questa tecnologia laddove si verifichi che l'apporto clinico che essa ha dato è stato tremendamente inferiore a quanto aspettato. Caricare un medico di aspettative sull'uso della stampa 3D in un intervento chirurgico dove, realmente, non vi è la necessità di utilizzarla è uno dei peggiori atteggiamenti che possono attuarsi e che conducono alla declassazione scientifica di questa importante tecnologia.

Piuttosto l'atteggiamento prudenziale da attuare è quello che va in questa due direzioni:

  • Riconoscere i limiti della tecnologia e applicarla solo ed esclusivamente laddove essa può rendere al massimo e fornire un aiuto concreto all'atto medico;

  • Istituzionalizzare l'utilizzo delle Stampanti 3D all'interno delle strutture sanitarie esattamente come si fa per tutti gli altri strumenti di laboratorio. Questo processo passa per la definizione di un concetto di "appropriatezza" delle stampe 3D, concetto che è già ampiamente applicato nell'ambito delle analisi cliniche nei laboratori analisi di molti ospedali. Essendo cioè la stampante 3D uno strumento da utilizzare in caso di necessità clinica il suo utilizzo e il suo sfruttamento vanno regolati in base alle reali necessità cliniche senza iperstimolarne la funzione e l'attività con motivazioni semplicisticamente ludiche o, peggio ancora, dettate dalla curiosità personale di veder nascere un cuore di plastica in un laboratorio di un ospedale qualsiasi.


Come tutti i processi importanti di innovazione anche in medicina l'adozione di una nuova tecnologia impattante a supporto delle attività cliniche può richiedere molto tempo. Il metabolismo tecnologico deve quindi prima scindere l'utilità concreta dello strumento 3D dall'utilità semplicemente immaginata o paventata. Da questa scissione si deve ricavare un processo che porta all'utilizzo della tecnologia solo laddove necessaria per fare in modo che essa confermi la sua presenza irrinunciabile in alcuni specifici e selezionati contesti clinici.

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